Giovanni Battista Maria Falcone

© 2018

09132c5ae6b2b087ae4ced075acab4c2eb8e2282

facebook
instagram

Sole di Sicilia

Giovanni Battista Maria Falcone Sole di Sicilia

 

Electa - Milano 1993 - Testi di A.C. Quintavalle

 

ISBN 88-435-4678-3


Sole di Sicilia, è un percorso fotografico che si basa su una idea: la luce come agente ossidante del nostro paesaggio. La luce come elemento distruttivo e deteriorante che caratterizza la nostra terra, come l’acqua a Venezia, ma che al contempo la distrugge. Tutto ciò perché ad un dato momento si è interrotto quel dialogo con la natura, dialogo che invece le antiche civiltà mantenevano vivo mediante la costruzione di città perfettamente organiche al territorio. Abbiamo così trasformato le nostre città in luoghi caotici, in cui abbiamo costruito fabbriche mai messe in funzione, morte prima di nascere. Abbiamo perso la nostra identità, pensando di poter fare a meno del dialogo con la nostra luce e con la nostra natura. Il percorso fotografico, realizzato riprendendo luoghi industriali abbandonati, mira a rendere evidente questa sorta di metafisicità che ha caratterizzato e caratterizza il nostro paesaggio, nostra “contemporaneità”.

 

Sole di Sicilia

 

 ...-Le foto di Falcone sono belle, se questo è il termine in voga, non c'è dubbio, ma a lui piace che siano qualcosa al di più, che siano conturbanti, mai piacevoli, mai riconoscibili, mai documentarie. Certo, Falcone rifiuta il realismo, lo si è veduto, perché per lui realismo è lingua morta. E non gli piace Bresson, e quindi non gli piace Scianna che ha cercato di applicare al realismo la lingua di Bresson. E poi a Falcone non piace il colore perché quello del colore è un racconto facile, da rotocalchi da riviste patinate, mentre a Falcone piace la durata, il bianco e nero come strumento di meditazione.

 

 Credo che Falcone, con le sue fotografie, si inserisca in una iconologia diversa, totalmente diversa da quella consueta alla fotografia del sud o sul sud, e questo lui lo sa bene, e che, semmai, qualche rapporto esista con certe foto di Moholy Nagy e di Herbert Bayer operosi al Bauhaus, oppure con le immagini più dure di Gabriele Basilico e di Francesco Radino, le immagini da questi fotografi scattate ad architetture di fabbrica.

 

 Al di là di questi riferimenti, pur chiari, la novità di Falcone sta nel rifiuto della luce come valore positivo e nella volontà di rappresentare la distruzione attraverso il sole nella fotografia. La distruzione di che cosa, dunque? Non penso ci voglia molto a comprendere la simbologia, il valore che Falcone esprime, e quindi il peso civile, non dico politico, della sua foto. Ha detto con chiarezza quello che, della cultura più delle perente tradizioni, la fine di un intero mondo gabellata per scoperta di un territorio sempre nuovo e invece deserto di personaggi e di vera vita.

 

 Quello che a Falcone è ancora più evidente è la fine della storia della antica Sicilia popolata ormai da questi rugosi cementi armati, da queste pareti senza tempo, da questi dettagli quasi irriconoscibili: certo sono luoghi del moderno, della architettura di oggi, ma sono il ritratto di una cultura vecchia che non sa più essere antica civiltà. Falcone insomma rifiuta polemicamente il mondo dell'oggi, legge in esso l'ossessione della luce, luce come morte, luce che tutto distrugge. Quindi Falcone forse crede nell'ombra, o in un 'altra luce, per la quale questa terra diversa potrà avere nuova vita. È una ipotesi, ma, per verificarla, dovremo attendere il prossimo libro di un fotografo di grande qualità, di grande intelligenza, chiuso da una angoscia che credo sia evidente dalle immagini, una angoscia che, forse, un giorno, potrà risolversi.-...

Arturo Carlo Quintavalle, da Sole di Sicilia, Parma, 1993

© 2018


facebook
instagram